I diritti dei (figli ai loro) nonni

Molto spesso, quando ci si separa dal coniuge (o dal convivente), ci si vorrebbe separare anche da tutta la sua famiglia di origine. Ciò non sorprende affatto se si considera che, in Italia, circa il 30% delle unioni coniugali si rompe proprio per ragioni attribuite (a ragione o meno), da uno o entrambi i coniugi (o conviventi), ai nonni.

Senza considerare le ipotesi estreme, in ogni caso, è  molto frequente che, in occasione delle crisi familiari, uno o tutti e due i genitori assumano un atteggiamento ostruzionistico ed a volte astioso nei confronti dei parenti dell’altro genitore, nonni in primis.

Le accuse agli ex suoceri possono essere le più svariate, dalla incapacità di accudimento dei piccoli (“possibile che dopo un solo pomeriggio coi nonni paterni, i miei figli tornino sempre con la febbre?”), alla eccessiva indulgenza (“sembra che facciano di tutto per farmeli diventare pigri, viziati e maleducati!”), alle eclatanti divergenze educative (“non lascerò che rovinino i miei figli così come hanno rovinato il loro”).

Pertanto, spesso accade che, anche nei casi di affidamento condiviso dei figli, questi – che vengono “collocati”, spesso, presso la madre – subiscano un’importante riduzione, se non un’interruzione, dei rapporti con nonni e parenti dalla parte del genitore presso il quale non sono stati collocati i bambini.

Nel clima di conflitti e incomprensioni che può venire a crearsi al momento della separazione, soprattutto con riferimento alla gestione dei figli, pertanto, ci si chiede: i nonni possono vantare dei diritti – una sorta di diritto di visita, ad esempio – nei confronti dei loro nipoti?

Il nostro Ordinamento ha solo recentemente previsto una disciplina specifica della relazione nonni-nipoti, fatta eccezione per alcune norme che già preesistevano alla riforma del 2013 (art. 148 c.c. oggi abrogato e sostituito dall’art. 316  bis c.c. [1]) che impongono agli “ascendenti legittimi o naturali dei genitori, in ordine di prossimità” di fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere ai loro doveri nei confronti dei figli. Il decreto 154/2013  ha poi modificato l’art. 155 del codice civile, oggi confluito nell’art. 337 ter c.c. (2), stabilendo che “anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale”.

L’obiettivo di questa norma, peraltro, non è quello di tutelare il diritto dei nonni a stare con i nipoti, ma, viceversa, quello di consentire a questi ultimi di intrattenere rapporti con i propri familiari.

Tale diritto può essere fatto valere (ed è proprio questa la novità della riforma del 2013) dai nonni, zii e da altri parenti prossimi, rivolgendosi, come stabilito dall’art. 317 bis c.c. (3) che si occupa di disciplinare il “rapporto con gli ascendenti”, al Tribunale per i Minorenni mediante il deposito di un ricorso ai sensi dell’art. 336 c.c.  (4)  (ovvero di quel ricorso volto ad ottenere un intervento e un provvedimento del Giudice in quei casi in cui i genitori pongano in essere comportamenti “pregiudizievoli” nei confronti dei figli): intrapresa questa procedura, i nonni devono dimostrare che l’atteggiamento di ostilità e di chiusura nei loro confronti è così grave da concretizzare un vero e proprio danno per il bambino, il cui diritto a conservare dei rapporti familiari è stato ingiustamente soppresso. Uno degli obiettivi della riforma della filiazione infatti, operata dal d.lgs. 154/2013, è proprio quello di garantire una nuova legittimazione attiva dei nonni per vedersi riconosciuto il proprio diritto di restare in compagnia dei nipoti.

(1)  Il D.lgs. 154/2013 ha introdotto l’art. 316 bis che, di fatto di identico contenuto all’art. 148 c.c., oggi abrogato. La norma, rubricata “concorso nel mantenimento” prevede che “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacitàdi lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. In caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito l’inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro genitore o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole. Il decreto, notificato agli interessati ed al terzo debitore, costituisce titolo esecutivo, ma le parti ed il terzo debitore possono proporre opposizione nel termine di venti giorni dalla notifica. L’opposizione è regolata dalle norme relative all’opposizione al decreto di ingiunzione, in quanto applicabili. Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modificazione e la revoca del provvedimento”.

(2) Il D.lgs. 154/2013, ha introdotto l’art. 337 ter. che ha il seguente il tenore che, di fatto, è di contenuto identico all’abrogato art. 155 c.c. La norma rubricata “Provvedimenti riguardo ai figli”, stabilisce che “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all’articolo 337-bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l’affidamento familiare. All’attuazione dei provvedimenti relativi all’affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d’ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare. La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento. Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando 1) le attuali esigenze del figlio; 2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori; 3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore; 4) le risorse economiche di entrambi i genitori; 5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore. L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice. Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi”.

 (3) Il D.lgs. 154/2013 ha introdotto un nuovo art. 317 bis c.c., rubricato “Rapporti con gli ascendenti”. La norma stabilisce che “Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. L’ascendente al quale e’ impedito l’esercizio di tale diritto puo’ ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più idonei nell’esclusivo interesse del minore. Si applica l’articolo 336, secondo comma”.

 (4) L’art. 336 c.c., novellato dal d.lgs. 154/2013, si occupa di disciplinare i procedimenti inerenti la potestà genitoriale e ha il seguente tenore “I provvedimenti indicati negli articoli precedenti sono adottati su ricorso dell’altro genitore, dei parenti o del pubblico ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato.Il tribunale provvede in camera di consiglio, assunte informazioni e sentito il pubblico ministero; dispone, inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace  di discernimento. Nei casi in cui ilprovvedimento è richiesto contro il genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche d’ufficio, provvedimenti temporanei nell’interesse del figlio. Per i provvedimenti di cui ai commi precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore.